Come
mai, dico io, ci sorprendiamo della precarietà nel mondo del lavoro? Non è
forse la condizione umana, per definizione, ad essere precaria?
E
dire che eravamo avvisati fin dai tempi del catechismo. Bei tempi quelli!
C’erano una volta Adamo ed Eva, ci hanno raccontato, uno superuomo, l’altra
nata da una sua costola. Visto che Donna vuol dire Danno, con tutti gli animali
del giardino terrestre, secondo voi Eva, da chi doveva accettare una mela? Da
una strega cattiva travestita da serpente (o almeno così mi pare di ricordare).
E da allora l’uomo e la donna furono condannati per sempre.
Sì,
condannati: LEI al “parto con dolore”;
al mese con la settimana di dolore;
alla
depilazione con dolore;
alla
tinta dei capelli bianchi che l’uomo invece brizzolato è affascinante;
alla
caccia alle streghe;
alla lapidazione per adulterio;
alla lapidazione per adulterio;
alla
scalata sociale con la gonna (che non c’è cosa più scomoda);
ai
tacchi (gioiello di ingegneria sadica);
alla domanda di ogni titolare d’azienda durante il colloquio di
lavoro “non è che per caso mi fai scherzi e rimani incinta?” (che ti viene da
rispondere: pure se ci provi con tutte le tue forze, di te mai, ti assicuro);
e
alla generale difficoltà di condurre una vita soddisfacente, senza dover
scegliere, per forza, tra una famiglia e un’occupazione.
LUI
(poverino): condannato a “lavorare con sudore”.
Ora,
diciamocelo: il sudore è una prerogativa maschile. Non c’è uomo senza goccia di
rugiada sulla fronte, non c’è calzino che viva più a lungo di una partita a
calcetto con gli amici. L’uomo suda persino quando l’unico movimento che gli è
richiesto è quello di alzarsi dal divano per sedersi a tavola, che è pronto. E
allora, dico io: qual è realmente la condanna divina per questo essere che al
sudore è abituato e per giunta, lavorando, può realizzarsi, dimostrare le
proprie capacità, portare con orgoglio il pane a casa????!!!
E allora sapete che vi dico? Che nella terribile
situazione di precariato che ci accomuna tutti, noi donne, cerchiamo di
guardare il bicchiere mezzo pieno.
Per
una volta l’uomo la sua “condanna divina”, pur volendo, non la può scontare.
Per una volta, mal comune mezzo gaudio.
Ci sono e ci faccio.
la vostra Zia
Ci sono e ci faccio.
la vostra Zia
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