martedì 19 marzo 2013

AAA Vendesi laurea di seconda mano, come nuova. Giorgio ci ha provato.


La laurea? Non è che non serve. No, è il formato di stampa ad essere sbagliato. Se la stampassero, infatti, su fogli stretti e lunghi, ma lunghi lunghi, e morbidi, ma morbidi morbidi..e magari resistenti, perché no, giusto per essere all’altezza dei concorrenti più agguerriti come Scottex, allora, perlomeno il formato cartaceo, sarebbe un po’ più utile in questo momento storico.
Vi avevo già parlato di Università fornendo una piccola guida, passo per passo, rivolta allo studente coraggioso (che trovate qui 
http://paroladiziacin.blogspot.it/2012/06/8-regole-per-sopravvivere-all.html), ma oggi, quello che vi vorrei segnalare, è la storia di un ragazzo che la laurea ha cercato di vendersela. E in che modo! Su una bacheca virtuale per annunci.

In pratica: Giorgio si è laureato in Scienze Politiche ma, come molti suoi coetanei italiani, non è riuscito ad utilizzare questo titolo di studio, traguardo raggiunto ovviamente con tanti sacrifici e tenacia, per trovare un’occupazione. Così, un giorno, pubblica un annuncio su bakeca.it, nella sezione “varie e regali” dove cede il suo diploma di laurea in cambio di un posto di lavoro. Mica male come idea! La redazione del sito, per motivi di regolamento, elimina il messaggio. Tuttavia, gli concede di spiegare le sue motivazioni in un post del blog, questo qui http://blog.bakeca.it/blog/vendesi-causa-mancato-utilizzo-laurea-in-scienze-politiche/.
A quanto pare, l’annuncio di Giorgio è stata una provocazione bella e buona per qualcuno, ed una pacca virtuale sulla spalla per qualcun altro. Una morale da manuale, ma ho il sospetto che Giorgio avrebbe voluto dire di più. Il fatto è che il pessimismo crea panico, soprattutto se veicolato sul web, dove i lettori sono tanti e variegati. Ma vogliamo negare che ci siano realmente facoltà che non forniscono le competenze adeguate a ricoprire uno specifico ruolo all’interno di un’azienda/ente? Che la maggior parte dei corsi di studio universitari sia inadeguato a tracciare il perimetro di una figura professionale mirata?
Giorgio, giustamente, ha provato a smorzare i toni di quella provocazione iniziale, lanciata sotto forma di annuncio, spiegando che ogni laureato, alla fine, può, con tanti sacrifici, ottenere il lavoro dei propri sogni. Ma la domanda è: con quello che costa l’Università italiana, non bastano i sacrifici che si fanno durante il percorso di studi? E perché quello per cui si studia dovrebbe essere un “lavoro dei sogni” se, con un’adeguata riorganizzazione dei percorsi di studio, potrebbe diventare un “lavoro adeguato”? Studio, pago le tasse, mi laureo e lavoro in quel settore. Sarebbe facile vero?! Non si tratta neanche del solito “se tornassi indietro non mi iscriverei”. Sarebbe inutile rinnegare il proprio percorso di studi, soprattutto perché in Italia abbiamo grandi menti e professori innamorati del proprio lavoro, che hanno saputo trasmetterci nozioni e competenze adeguate per affrontare il mutevole scenario odierno.
La questione si sposta anche sul SENSO del tutto. Perché un ragazzo oggi dovrebbe frequentare la facoltà X, se poi sa già che al 90% finirà a fare tutt’altro? Non ha senso. Allora che creino degli asili per 30enni, corsi generici per tutti, licei bis. Tanto poi, una volta laureato, si finisce indistintamente nel calderone.
La cosa più triste è vedere la rassegnazione nei genitori. Loro, quando avevano latua età, non hanno avuto la possibilità di studiare, di frequentare il campus, di diventare Dottori, di aspirare a “cose grandi”. E così, proprio come ogni buon psicanalista ti direbbe, hanno riversato i loro sogni su di te, perché (almeno una volta nella vita te l’avranno detto) si erano promessi che “ai loro figli non avrebbero fatto mancare niente”. Fino a 5 anni fa infatti, pure tre dai, non immaginavano neanche lontanamente che il figlio non avrebbe trovato lavoro dopo una formazione universitaria. Ma che scherziamo? E qualcuno era pure convinto che le aziende avrebbero pagato di più una professionalità comprovata da titoli e lodi. Come no. Vallo a spiegare a mammà che, durante il colloquio, ti hanno fatto intendere che le lauree e il master sono, al contrario, motivi per non assumerti, perché contribuiscono ad aumentare le tue aspettative sulla retribuzione. Certo: meno titoli di studio, meno pretese.
E poi è arrivato quel momento. Il momento in cui, mentre acquistavi una cartolina in viaggio, la titolare nel negozio ha attaccato bottone raccontandoti della figlia, che sta per laurearsi, ma senza illusioni. E dei nipoti, che dopo tanti studi sono andati all’estero per trovare lavoro, perché qui facevano la fame. “Andatevene che non vi meritano” ripeteva. Lei, la negoziante, è uno di quei genitori che ha smesso di sognare per il proprio figlio, che si chiede giorno e notte se, alla fine, quei soldi spesi per mantenerlo all’università non sono stati sprecati. Che non ti ha salutato con un “buona giornata”, come avrebbe fatto solo 3 anni fa, ma con un rassegnato “buona fortuna per tutto, che voi giovani ne avete bisogno”. Peccato per quel broncio, vendeva belle cartoline.

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