mercoledì 22 febbraio 2012

Assuefazione da social



“Hai mai masticato Can-D? Dovresti proprio nonostante la sua assuefazione. E’ una vera esperienza.” [ ] Ovviamente l’avrebbe masticato con lei; se due persone lo prendevano insieme, le menti si fondevano, raggiungevano una nuova unità, o almeno era questo che si provava. “E non useremo un plastico” disse lui. Con quale ironia lui, il creatore e il produttore del mondo in miniatura della bambola Perky Pat, preferiva usare il Can-D senza una scena su cui concentrarsi. Cosa poteva ricavare un terrestre da un plastico, dato che si trattava della riproduzione in miniatura delle condizioni esistenti in una qualsiasi città terrestre? Per i coloni su Marte, rintanati in un tugurio per proteggersi da cristalli di metano ghiacciato e cose del genere Perky Pat e i suoi plastici erano il lasciapassare per tornare al mondo dove erano nati. Ma lui, Leo Bulero, s’era completamente stufato del mondo dov’era nato e sul quale abitava ancora.

Le tre stimmate di Palmer Eldricht, Philip K. Dick.




Era un caldo pomeriggio d’estate…non iniziano tutti così i racconti???!! Beh, il mio sì, perché era davvero un torrido pomeriggio estivo quello, e io, lo ricordo bene, ero nella mia camera. All’ epoca studiavo, quindi facevo la raccolta punti (cfu) che alla fine, a saperlo, meglio la pirofila di porcellana di una laurea. Quella, almeno, quando ci sono ospiti la tiri fuori…Ma questo è un altro discorso… Dicevo: quel pomeriggio accadde qualcosa di straordinario. Studiai per tre ore di fila! Mi chiesi il motivo di tanta concentrazione e mi resi conto che non avevo sentito, per strada, i ragazzini che urlavano, giocavano a pallone e “ronzavano” con i motorini. Non li avevo sentiti perché i ragazzini continuavano a urlare e a giocare a pallone, ma ognuno nella propria casa e di fronte al proprio schermo. Davanti a PES con un joystick in mano. E continuavano a ronzare con i motorini, ma nel mondo virtuale di GTA. E corteggiavano pure le ragazze! Certo, in chat! Ed era faticoso, cavolo se lo era! A volte si poteva chattare notte e giorno per mesi, con la stessa ragazza, per poi scoprire che il suo nome era Maurizio.
Poi sono arrivati i social network. E’ arrivato Facebook, Milgram e la sua teoria dei sei gradi di separazione*. E la prassi è stata: Ti iscrivi col tuo nome che cambierai dopo un anno - Chiedi l’amicizia a tutti quelli che ti vengono in mente, compresi i conoscenti che fino a ieri non salutavi per strada – cerchi di allargare il tuo bacino amici perché avere molti amici è figo – cerchi rigorosamente tutti i tuoi ex, anche quelli che non sanno di esserlo stati, per farti i cavoli loro – cerchi i compagni di scuola, del catechismo, della palestra, di quel viaggio del 2000, ecc..– accetti tuo malgrado l’amicizia dei parenti 50enni - metti una foto profilo dove sei venuto benissimo e dove sorridi – lasci un messaggio standard in tutte le bacheche di questa gente “ciao come stai? Un bacione” –

POI ATTRAVERSI LA SECONDA FASE - cerchi di diminuire il numero degli amici perché è figo averne non troppi e dimostrare di essere snob – cambi la foto profilo con una foto dove non ci sei, o dove c’è talmente flash che non c’è il tuo naso – cambi le impostazioni della privacy in modo che quasi nessuno possa leggere le tue cose e vedere le tue foto – parli solo con 5 persone in media.
La teoria dei “sei gradi di separazione” di Milgram diventa quindi, la mia teoria dei “6 gradi di amicizia”.

Ora, io facebook non lo snobbo come il tizio che mi ha detto che lui non ha tempo per queste scemenze, che lavora in campagna (il vecchio bambino) e che non mi ha dato il tempo di arrivare a casa che avevo la sua richiesta di amicizia ad aspettarmi, no! Non lo snobbo perché grazie a Facebook ho approfondito amicizie, ho sfatato falsi miti e  tutt’ora sento i miei più cari amici tutti i giorni. E serve realmente, non lo nego, a farci sentire meno soli, a stare sempre in compagnìa, a condividere con gli altri foto, musica, citazioni e precariato...
Ma non vi manca neanche un po’ quella scala, quel muretto, quella panchina, su cui stavamo seduti in gruppo a chiacchierare? Quel bar dove ci trovavamo per il caffè del finesettimana? Quell’angolo di spiaggia dove giocavamo a calcio appena usciva la prima bella giornata? Quella casa dove il piatto di pasta esce sempre, e dove se mangiano 2 mangiano 8? Non vi manca neanche un po’ quella solitudine, talvolta necessaria e doverosa, amica della riflessione?
E allora penso che forse un po’ stiamo esagerando. Non sempre. Ma quando arriviamo a casa e accendiamo il pc prima di salutare; quando facebookkiamo con un amico ma è seduto vicino a noi e ognuno ha il suo portatile; quando il ventilatore è rivolto verso il case del pc per aiutare le ventole e non su di noi; quando abbiamo un pomeriggio libero e non andiamo dal nostro amico a rompere le scatole; quando c’è il sole, ma in camera non entra molta luce dalla finestra. Ecco quando esageriamo.

Ora, se faccio silenzio e tendo l’orecchio per ascoltare, non sento più nulla dalla finestra della mia camera. Forse, se mi impegno, ascolto il rumore prodotto dalla tastiera che arriva dagli appartamenti contigui al mio. Chi l’avrebbe mai detto, qualche anno fa, che questo rumore meccanico mi avrebbe fatto rimpiangere quello della marmitta bucata dei motorini di tutti quei ragazzini.

                                                                                    La vostra amichevole  Zia Cin di quartiere





* Facebook si basa su un’idea molto semplice di uno studioso di nome Milgram che ha teorizzato e poi dimostrato che chiunque è collegato a qualunque altra persona nel mondo attraverso una rete di conoscenze che non comprende più di 5 intermediari.  La "teoria del mondo piccolo". Selezionò casualmente un gruppo di americani del Midwest e chiese loro di mandare un pacchetto a un estraneo che abitava nel Massachusetts, a diverse migliaia di chilometri di distanza. Ognuno di essi conosceva il nome del destinatario, la sua occupazione, e la zona in cui risiedeva, ma non l'indirizzo preciso. Fu quindi chiesto a ciascuno dei partecipanti all'esperimento di mandare il proprio pacchetto a una persona da loro conosciuta, che a loro giudizio avesse il maggior numero di possibilità di conoscere il destinatario finale. Quella persona avrebbe fatto lo stesso, e così via fino a che il pacchetto non venisse personalmente consegnato al destinatario finale.I promotori dello studio si aspettavano che la catena comprendesse perlomeno un centinaio di intermediari, mentre invece, per far arrivare il pacchetto, ci vollero in media solo tra i cinque e i sette passaggi. Le scoperte di Milgram furono quindi pubblicate in Psychology Today e da esse nacque l'espressione sei gradi di separazione. (Wikipedia)

8 commenti:

Chiara ha detto...

Questo post nasce con un errore iniziale.
"Dicevo: quel pomeriggio accadde qualcosa di straordinario. Studiai per tre ore di fila! ". Tu hai sempre studiato tanto!!!!!!! Indipendentemente da ragazzini, motorini, schiocchi di baci dati sui muretti, gossip selvaggio delle tredicenni di paese e altri momenti di fastidioso "rumore umano" =)
Cmq, tu solo sai quanto io sia PRO Fb e social network e io solo so quanto in realtà ogni tanto mi manchi davvero la solitudine di alcune serate senza pc, però, no.
Evoluzione, please. E se l'evoluzione ci fa passare attraverso questa comunicazione estremizzata per quanto mi riguarda ben venga. E pure per quanto ti riguarda. Non c'è niente da fare. La comunicazione in tutte le sue forme ci scorre nelle vene. E lo devi accettare. Baci virtuali

Anonimo ha detto...

la dipendenza è qualcosa che non mi appartiene...e guardo ai social con un interesse disinteressato...necessari se ti offrono informazione...piacevoli finchè ti fanno divertire...banali quando ti ritrovi le home piene di link e frasi rubate ai baci perugina...ecco...la tecnologia esiste e non si può negare...tutto sta nel saperla gestire...però sarà un caso ma noi a giocare a carte allo scalo non ci siamo più andate..."sarà perchè i nostri amicuni sono tutti a chattare"...ma poi...me lo spieghi perchè MAURIZIO?!ERMENEGILDO ci stava meglio :-)

Zia Cin ha detto...

Questo commento parte da un errore iniziale: Evoluzione please. L'inglese usato da te (che sei di Granada cit.) non è realistico.
Per quanto riguarda il resto, nelle vene ci scorre un po' di tutto direi, tuttavia, nonostante il mio inequivocabile amore per la fantascienza, non ancora fili di rame.Ergo, ribadisco la mia simpatia per il mondo social e le comunità virtuali ma "tanto sperimentar quanto ti basti per non curarne" scrivevo nel mio primo post in una di quelle citazioni introduttive che mi hai ammesso di saltare...Gli estremismi non sono mai una via per quanto mi riguarda, nè in un verso, nè nell'altro. Spernacchiate virtuali sulla pancia ;)

Zia Cin ha detto...

Cara Ross! nella vita ci vuole un po di tutto, hai ragione. E per fortuna esiste anche gente come te, che mi riporta agli scogli. Che ci accolgono alla fine sempre,sulla scena di un tramonto o meno, per giocare a Uno e ci riportano alla realtà, irta, pizzuta e un po scomoda, ma assolutamente poco virtuale. Waiting for summer :)

gianmario ha detto...

ebbrava la zia

claps ha detto...

La solita perfetta disamina della Zia Cin! ma quante ne sai?
A parte gli scherzi, è proprio tutto vero! Io credo fermamente nella bontà del "progetto social network", perchè è il progresso, ma come sempre il progresso si porta dietro delle vittime! e come al solito sono gli eccessi che bisogna evitare. Diciamo sempre di spegnere la tv, ma non lo facciamo mai...e checchè se ne dica, faremo lo stesso con facebook.
Ps. io nel mio piccolo ho aperto clapsbook per non essere una vittima!

Zia Cin ha detto...

:)

Zia Cin ha detto...

E infatti nel tuo piccolo fai la differenza.Che può diventare grande per qualcuno.
Io ho una scrittura pessima "dotteressa style" da quando scrivo solo su pc e cellulare e mi dispiace. E anche la grammatica sta quasi andando a farsi benedire.Perciò sì al progresso,ma usiamo la tecnologia anche per rispolverare vecchie e sane abitudini.
Per il resto I love "checchè" *___* perciò CHECCHè tutta la vita proprio :)

Nipoti